di Laura Seguso – Il biologico in Italia sta iniziando a passare da un utilizzo elitario a una democratizzazione, sia in termini di offerta che di prezzo: come vive e vivrà il consumatore questa macro categoria? Come sarà la sua evoluzione nel prossimo futuro? Quali scelte faranno i rivenditori? Su questi temi si è dibattuto ieri pomeriggio in un convegno organizzato, nell’ambito della prima edizione di B/Open moderato da Cristina Lazzati, direttrice Mark Up, Gdoweek, Fresh Point Magazine e Italian Food Excellence, al quale sono intervenuti Roberto Simonetto – direttore commerciale Carrefour, Eleonora Graffione – presidente Coralis, Emna Neifar – chief commercial officer Cortilia, Alessia Bonifazi – head of communications & CSR Lidl Italia.
Diversi i key factor emersi nel corso dell’evento organizzato da Veronafiere: in primis il ruolo strategico del brand, chiamato a svolgere un ruolo di ambasciatore, accompagnando i consumatori nelle scelte raccontando sostenibilità, provenienza, biodiversità, ma anche crescita del premium e segmentazione.
Carmen Quatrale, brand manager Vivi Verde Coop, ha sottolineato come da alcuni anni il biologico sia uno dei trend guida dei consumi alimentari del nostro Paese. “Si è passati da 13 milioni di famiglie nel 2012 a 21,4 milioni di famiglie nel 2019 che hanno acquistato almeno una volta biologico nell’ultimo anno, secondo quanto rilevato da Nomisma. Vivi Verde, la private label bio di Coop, in 10 anni ha triplicato il suo fatturato, sia grazie allo sviluppo di nuovi prodotti e al presidio di nuove categorie sia grazie alla crescita a due cifre di categorie storicamente presenti. L’Mdd -ha proseguito la manager- vale oggi 150 milioni ed esprime un prodotto bio su due venduto in Coop. Per noi la sostenibilità, il controllo delle filiere e il rispetto dell’ambiente non sono tatticismi dell’ultima ora, ma un impegno di lunga data, che affonda le proprie radici nella stessa missione sociale delle cooperative di consumatori: fare in modo che i prodotti di qualità, anche quelli di eccellenza come i biologici, siano accessibili a tutti. E continuerà ad essere questa la politica seguita da Coop con il suo brand. Coop è promotore di un cambiamento culturale sul tema della sostenibilità. Promuovere questo processo significa anche creare nuovi spazi per il bio e occasioni di consumo. L’aver rivisto l’assortimento ha offerto una proposta d’acquisto anche a chi non comprava il bio. I prezzi sono stati resi più accessibili e da sempre l’obiettivo è puntare ad un’offerta sempre più democratica attraverso la private label. Il bio –ha concluso Quatrale- è diventato più accessibile e il mercato si è ampliato, ma i capitolati per i fornitori restano molto restrittivi, con continue verifiche agli stabilimenti produttivi da parte degli ispettori. Nel tempo, però, si sono creati rapporti stabili di fiducia e collaborazione finalizzati a una crescita congiunta”.
Roberto Simonetto, direttore commerciale Carrefour Italia ha spiegato come il gruppo punti a “divenire e leader della ‘transizione alimentare’ un programma orientato alla promozione di un’alimentazione piu? sana e sostenibile, e come il bio rappresenti l’elemento di punta di questa transizione che è già avviata. I prodotti bio sono sempre più scelti dai consumatori, che hanno raggiunto una maggiore consapevolezza e sono più attenti alle origini delle materie prime. Il 93% dei clienti – ha proseguito il manager- acquista il bio, che non si riduce a una questione tecnica ma deve essere accompagnato anche da altri valori di sostenibilità: il 75% dei prodotti, ad esempio, è imballato con materia prima sostenibile o comunque riciclabile”. Obiettivo di Carrefour Italia è contribuire concretamente e in maniera sempre maggiore allo sviluppo sostenibile offrendo prodotti di alta qualità, sicuri e rispettosi della natura e degli animali, diventando al contempo un punto di riferimento riconosciuto per i clienti bio, grazie ad un’offerta sempre più ampia di prodotti che rispondono a nuove esigenze e stili di vita. A questo proposito sono in fase di realizzazione corner bio e shop in shop bio per far conoscere tutta l’ampiezza dell’offerta: attualmente sono 2000 le referenze in assortimento e di queste 360 sono quelle a marchio Carrefour, che diventeranno 400 nel 2021. Il bio non deve essere ghettizzato – ha detto ancora Simonetto- perché, come asserisce lo slogan dell’insegna, “Tutti meritiamo il meglio”. In accordo con i fornitori dobbiamo fornire un prezzo accessibile a tutti, seppure con adeguata remunerazione al fornitore stesso. Anche Carrefour esprime circa il 50% del mercato bio con la Mdd e attraverso un processo di democratizzazione dei consumi il nostro obiettivo è che Carrefour sia sempre più percepita come l’insegna di riferimento per i nostri clienti nel mondo del biologico specializzato e dell’ecosostenibile, rendendo questi prodotti alla portata di tutti. Le referenze proposte non sono legate solo al fattore prezzo: siamo molto attenti ai fornitori, circa 400 in tutto, pochissimi grossisti (destinati a rappresentare sempre meno il mercato), con capitolati rigidi per l’intero ciclo di produzione. Non rinunciamo alle promozioni che tuttavia vanno intese come occasione per conoscere meglio il prodotto”.
Eleonora Graffione, presidente di Coralis, realtà che rappresenta piccole e medie strutture fortemente radicate sul territorio con supermercati di piccole e medie dimensioni, ha ricordato che già da qualche anno Coralis ha dato vita al progetto Etichètto, “una super – social label che certifica che il prodotto è nato e prodotto in Italia, non proviene da coltivazioni Ogm, è di filiera certa e senza ingredienti nocivi, ovvero controllato. Fin dall’inizio il progetto mirava a mira a informare il consumatore in modo chiaro e dettagliato attraverso la collaborazione con i produttori, ma anche a identificare tramite un rigido processo di selezione, prodotti con etichette fortemente trasparenti.” “Venivano richiesti requisiti molto vincolanti determinati da un protocollo stabilito. Oggi -ha proseguito la manager- il biologico vive di un momento di affermazione e ulteriore performance. Il cliente sempre più legge etichette ed è alla ricerca di prodotti che rappresentino salubrità, rispetto dell’ecosistema e provenienza da agricoltura controllata e soprattutto etica. Noi maggiormente identifichiamo la tutela dei lavoratori e la giusta remunerazione dell’agricoltore e/o del piccolo produttore. E ciò significa anche far crescere i fornitori per poter arrivare alla qualità desiderata. Il proposito che perseguiamo è rendere coerenti le caratteristiche dei prodotti che selezioniamo con le richieste del consumatore e lo facciamo agendo su diversi livelli; operare seriamente in questo settore, infatti, significa avere buyer competenti, personale formato adeguatamente, e saper razionalizzare gli assortimenti. Un aspetto che deve essere migliorato, inoltre, è quello della comunicazione, nell’ottica di spiegare al consumatore il giusto prezzo ed aiutarlo verso una scelta oculata e consapevole, attraverso informazioni sulle provenienze e caratteristiche dei prodotti proposti a scaffale. Anche l’etichetta dovrebbe essere semplificata, mentre il volantino dovrebbe assumere la funzione di strumento di comunicazione del valore, piuttosto che del prezzo.”
Emna Neifar, chief commercial officer Cortilia, è stata tra i relatori e ha rappresentato gli specialisti dell’eCommerce. “In Cortilia siamo molto attenti a tutte le dimensioni della sostenibilità e scegliamo i prodotti bio non solo per l’assenza di residui sul prodotto finito ma per un bio a 360 gradi: un packaging sostenibile, un progetto sociale inclusivo, una filosofia di preservazione della biodiversità e di tutela del paesaggio, una ricetta “clean label”, il rispetto della stagionalità. Per il futuro -ha proseguito la manager- credo molto in una segmentazione accentuata all’interno del bio: una parte light green che segue gli standard attuali cioè il bollino bio dal momento in cui il prodotto rispetta dei requisiti del capitolato bio come i residui, il modo di coltivazione, ed altri aspetti; e un green un po più intenso che già adesso alcuni iniziano ad implementare dove oltre al prodotto bio sono presenti un packaging plastic free, un progetto di filiera, un impatto sociale ed ambientale maggiore. Negli anni si è assistito in Italia ad una maggiore democratizzazazione del prezzo del bio che sta avvenendo grazie a tre fattori: una migliore efficienza logistica e operativa, con l’ingresso di grandi player sul mercato e la maturità crescente dei piccoli produttori; una disintermediazione che permette al prodotto di arrivare sullo scaffale con meno passaggi; e infine il fatto che il bio sia sempre più diffuso obbliga i retailer a porre maggiore attenzione al pricing e di conseguenza a non marginare in modo eccessivo. L’evoluzione è anche legata al shift di canale da una prevalenza dello specializzato verso la gdo. In Cortilia -ha concluso Neifar- lavoriamo molto nell’accompagnare il fornitore nella maturità logistica e sulla disintermediazione, molto importanti per pagare il prezzo giusto, cioè pagare proprio il prodotto non l’inefficienza della filiera.”
Alessia Bonifazi, responsabile comunicazione di Lidl, ha sottolineato che anche per il discount il comparto è strategico. “Per Lidl il bio fa parte di un più ampio programma articolato su tre punti: tutelare ambiente e clima, veicolare uno stile di vita sano che passa da una corretta alimentazione, offrire un contributo concreto alla comunità. Bio Organic è la nostra linea biologica, che rivoluziona il concetto di bio, essendo una gamma alla portata di tutti e pensata per la spesa quotidiana. Include un’ampia gamma di articoli soprattutto food, in particolare prodotti per la prima colazione, ma anche freschi, sostituti del pane, pasta, cereali. Ci sono anche referenze nell’ambito della cosmesi e del baby. Un assortimento prodotto per l’80% in Italia. E ci stiamo allargando nel comparto non food. Il bio, infatti, è sempre più abitudine di consumo e in funzione di ciò cerchiamo di coprire sempre maggiormente le categorie non ancora presidiate in collaborazione con i fornitori. Il consumatore che sceglie prodotti bio -ha concluso Bonifazi- è sicuramente informato e consapevole ed è disposto a pagare un premium price ragionato. Ma dobbiamo migliorare la comunicazione affinché diventi sempre più valoriale, in grado di spiegare ed educare. E insieme ai nostri fornitori stiamo esplorando nuove opportunità legate al segmento.”