di Tommaso Tetro – Ampliare la sperimentazione delle tecniche bio salva colture in 11 regioni italiane per costruire un nuovo modello agricolo che risponda agli obiettivi di sostenibilità richiesti dall’Europa con il Green Deal. Questo l’obiettivo del progetto triennale “Biocontrollo e innovazione digitale” lanciato dalla Cia-Agricoltori Italiani e da Ibma Italia, l’International Biocontrol Manufacturers Association.
Dal 2022 al 2024 coinvolgerà i territori di Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Molise, Campania, Calabria, Sicilia; saranno chiamati cinquanta tecnici e cento imprese per la formazione. Tutto questo per favorire la transizione della difesa fitosanitaria dalla chimica di sintesi ai bioprodotti di origine naturale, non solo nelle aziende bio ma anche in quelle convenzionali, spingendo allo stesso tempo sulla digitalizzazione dei processi produttivi.
Un lavoro ambizioso a cui si è aggiunta l’Aipp, l’Associazione Italiana per la Protezione delle Piante, con un protocollo d’intesa per collaborare nelle attività di studio, informazione e divulgazione. Proprio per diffondere la conoscenza delle tecniche di biocontrollo, la Cia e l’Ibma hanno lanciato un sito web, ritenuto uno strumento di confronto e scambio di esperienze.
“Per ridurre entro il 2030 il 50% dell’uso e del rischio degli agrofarmaci chimici come indicato dall’Europa – osserva il presidente della Cia Dino Scanavino – una delle soluzioni è investire nelle tecniche di biocontrollo, ma occorre aumentare la presenza sul mercato di nuovi prodotti a minore impatto per la difesa fitosanitaria delle colture”.
“Obiettivo del progetto – spiega il presidente di Ibma Italia Giacomo De Maio – deve essere quello di dotare gli agricoltori di una toolbox dedicata, una cassetta degli attrezzi per la difesa sostenibile delle colture; ossia passare dalla sperimentazione agronomica alla pratica agricola, adattando le strategie già testate ai vari areali di produzione sui territori e validando veri e propri protocolli di difesa fitosanitaria a basso impatto. Le tecniche di biocontrollo – osserva De Maio – già disponibili oggi utilizzano microrganismi o derivati, insetti utili, feromoni, sostanze naturali, che valgono l’8% del mercato dei mezzi tecnici per la protezione delle piante da parassiti e malattie”.
“È per questo – prosegue Scanavino – chiediamo al Ministero della Salute e alla Commissione Ue di semplificare e, soprattutto, di accorciare la durata dei processi di registrazione e di autorizzazione”.
Fino a oggi infatti delle circa mille sostanze attive disponibili negli anni Novanta, ne sono rimaste a disposizione meno di cinquecento, tra prodotti fitosanitari ritirati dal mercato o non rinnovati nelle autorizzazioni.
“Per gli agricoltori non si tratta semplicemente di sostituire un prodotto con un altro – rileva De Maio – ma di intervenire su processi e metodi in chiave bio, cambiando o integrando in maniera significativa le proprie strategie di difesa fitosanitaria. E questo richiede un forte impegno in termini di informazione, sperimentazione, collaudo e assistenza tecnica alle imprese agricole”.
Il progetto triennale, oltre a fornire ad agricoltori e tecnici tutte le competenze per utilizzare al meglio il biocontrollo, dedica uno spazio centrale all’avviamento in azienda di strumenti di agricoltura digitale.
I passi sono tre:
- l’introduzione di funzioni che soddisfano i fabbisogni più immediati dell’azienda, come la visualizzazione cartografica degli appezzamenti, l’impostazione delle colture e la gestione dei lotti, la digitalizzazione del magazzino concimi, sementi e prodotti fitosanitari;
- l’implementazione della gestione e integrazione del Registro dei Trattamenti e delle Concimazioni, anche in relazione al metodo produttivo aziendale (biologico, integrato, convenzionale);
- l’introduzione e l’uso di supporti informativi evoluti che permettano una gestione site specific degli appezzamenti. Inoltre si mettono in campo valutazioni precoci e tempestive del rischio di fitopatologie, monitoraggio con dati microclimatici e tecniche sempre più conformi.
Secondo Scanavino e De Maio l’innovazione e la ricerca devono procedere di pari passi con la sostenibilità, per consentire un reale sviluppo agricolo che tuteli insieme sia l’ambiente che il reddito dei produttori una sfida necessaria che richiede passi da gigante soprattutto in termini di investimenti, inclusi il Psr, la nuova Pac, e le risorse del Pnrr.