di Silvia Bioasotto – Il biologico cresce, nonostante la pandemia. A guidarlo è la percezione che i consumatori hanno dello stretto legame della salute personale col pianeta. Le vendite e l’export bio in Italia negli ultimi dieci anni sono passate da 3.375 miliardi di euro a 7.480 miliardi. I supermercati sono saliti dal 31 al 56%, i negozi sono scesi dal 53 al 26%. Sono gli ultimi dati del rapporto Focus Bio Bank – Supermercati & Specializzati 2021 sulla dinamica dei due canali distributivi chiave del biologico.
I supermercati puntano sul biologico
L’offerta bio a marchio nella grande distribuzione ha mantenuto negli anni un costante trend di crescita. Nel 2020 vi è stato un balzo dovuto all’ingresso nella rilevazione di Dm, modello tedesco che punta su specializzazione, bellezza e pulizia con l’alimentazione. Il bio resta strategico anche nelle politiche dichiarate per il prossimo triennio. Ad esempio, Coop punta a mantenere la leadership: tra la Gdo per le vendite bio registra un 5% del fatturato.
Coop si conferma leader con 950 referenze, al secondo posto entra Dm con 605, al terzo Esselunga con 485. Per quanto riguarda i punti vendita al primo posto troviamo Végé (3.400) e per il fatturato Conad (15,9 miliardi di euro).
Scende invece il numero di negozi dedicati al biologico, arrivati a quota 1.291 nel 2020, in calo da tre anni consecutivi (-10% in totale). I negozi legati alle catene specializzate sono il 41% del totale, in calo per il secondo anno consecutivo, con una flessione totale del 16,6% dovuta sia alla riduzione del numero di catene nel Paese che al passaggio d’insegna tra Cuorebio e NaturaSì con al conseguente razionalizzazione della rete dei negozi sul territorio. A chiudere non sono i piccoli negozi, ma quelli grandi e intermedi. Il rapporto parla di una razionalizzazione della rete. Stabile invece la distribuzione territoriale con il 58% dei negozi al Nord, il 22% al Centro e il restante 20% al Sud.
Come si distinguono i prodotti del biologico sugli scaffali?
È la foglia l’immagine più ricorrente nel marchio private label, seguita da altri elementi naturali come l’albero o il sole. Il colore identitario è il verde. Unica eccezione l’azzurro di Esselunga Bio. Dal punto di vista grafico ci sono approcci diversi. Vivi Verde Coop, che comprende nella gamma alimenti e cosmesi, mette al centro lo stile di vita. Conad, con Verso natura Conad, declina l’offerta in 4 linee i base a target e bisogni specifici. Ci sono poi le catene che dedicano una propria marca solo agli alimenti bio. Alcune puntano sulla riconoscibilità dell’insegna del supermercato abbinandola al logo Bio, come accade per Bennet Bio, Carrefour Bio, Crai Bio, Esselunga Bio e Dm Bio. Altre fanno il contrario mettendo l’accento sulla parola Bio, come Bio Leader Price, Bio Pame & Panorama e iNaturale Bio di Iper. In’s mercato, MD e dal 2020 Todis hanno esclusivamente il logo bio personalizzato. Scelgono nomi di fantasia invece Agorà, Aldi. D.it, Penny Market e Tuodì.
Ci sono poi altre modalità di evidenziazione legate alle marche convenzionali, come Eurospin che mette in primo piano il cuore di Amo Essere con la specifica Biologico abbinato ad altre marche della catena oppure Lidl dove il logo Bio Organica è co-protagonista con la marca.
Il commercio equo sugli scaffali
Nel 2020 restano 8 le catene della Gdo con prodotti equosolidali nelle proprie marche. Un assortimento consolidato che conta su 100 referenze, con una media di 13 a catena. In cinque anni, dall’inizio del censimento Bio Bank le catene sono passate da 6 a 8 e le referenze e da 66 a 100. Coop guida fin dall’inizio la classifica con 46 referenze, al secondo posto In’s Mercato salita a 17, seguono Despar ed Esselunga con 8 referenze. È stata Coop a lanciare il primo caffè certificato Fairtrade nel 1995. Nel 2006 ha lanciato la prima marca equosolidale di una catena di supermercati, Soldial Coop, certificata Fairtrade. Despar ha lanciato il suo marchio equo nel 2011. Lidl nel 2013, Conad nel 2016. Aldi e In’s mercato propongono l’equosolidale in altre marche, Carrefour nella marca bio.
Il futuro del commercio equosolidale è nel sud del mondo con milioni di piccoli produttori. In Italia con i pionieri del biologico, le cooperative che lavorano sui terreni confiscati alle mafie, quelle del caporalato free e le realtà dell’economia sociale e carceraria.
Come avanza la cosmesi naturale e biologica sugli scaffali?
Nel comparto Cosmesi Dm è leader con 565 referenze, seguita da Coop (35) e Panorama (34). Nel 2020 sono state 13 le catene con proprie marche di cosmesi naturale o biologica certificata. Nel 2017 erano 8. Anche le referenze sono aumentate (da 135 nel 2017 a 766 nel 2020), considerando che nella rilevazione è entrato il drugstore Dm. La Gdo sceglie di investire su proprie marche certificate di cosmesi. Sugli scaffali poi si aggiungono i marchi dei fornitori, ampliando l’assortimento bio.
In generale gli assortimenti sono tutti confermati e in crescita. Unes entra ex novo con una linea di 5 referenze baby, mentre per In’s si amplia la gamma da 1 a 8 prodotti. Rebranding per Eurospin, che abbina la cosmesi bio certificata fior di Magnolia al marchio ombrello Amo Essere con la specifica Eco.