(da tgverona.telenuovo.it) – Puntare sull’agricoltura smart, che si basa su sensori e intelligenza artificiale per ridurre fortemente l’utilizzo di fitofarmaci, e accorciare la filiera, con riduzione degli intermediari e promozione della produzione locale. Sono alcuni degli obiettivi su cui bisogna puntare secondo Roberta Martin, eletta presidente della nuova sezione agricoltura biologica di Confagricoltura Verona, per dare impulso alle coltivazioni bio ed essere in linea con il Green deal, la rivoluzione verde dell’Unione Europea che si pone, tra l’altro, il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.
Una sensibilità ambientale che nel Veronese è già in forte crescita, come dimostrano i dati di Aveprobi, l’Associazione veneta dei produttori biologici e biodinamici. Nel territorio scaligero sono 15.000 gli ettari di superficie bio sui 50.000 del Veneto, con oltre 300 operatori e 900 aziende agricole che fanno parte nel settore sui circa 4.500 regionali. A Verona, quindi, si concentra quasi un terzo del mondo agricolo veneto che produce e commercia alimenti con sostanze e processi naturali.
“Un forte impulso alla crescita arriva dalla viticoltura, che costituisce il 30 per cento delle superfici bio – spiega Roberta Martin, che nella nuova sezione biologica sarà affiancata dai vicepresidenti Agnese Fiorio e Giorgio Pasqua -. Anche il mondo delle erbe officinali è in forte crescita, con un 30 per cento in più di vendite per quanto riguarda tisane e affini. Il mercato dei cereali invece è stabile, senza incremento di superfici. Per quanto riguarda la frutticoltura la curva è altalenante, con aziende che entrano ed escono dal bio a seconda del trend di mercato, dell’andamento meteo o delle fitopatie, che peraltro colpiscono a zone o a macchia di leopardo: abbiamo, ad esempio, territori più colpiti dalla cimice asiatica rispetto ad altri. In generale, comunque, i dati sono in crescita, perché sia le aziende agricole che i consumatori sono orientati verso prodotti sempre più naturali”.
Del resto è l’Unione Europea a spingere verso questa direzione, a cominciare dal Green deal, che si pone l’obiettivo di innalzare ad almeno il 50 per cento la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di promuovere l’economia circolare. “Le indicazioni europee sono chiare: entro il 2030 bisognerà ridurre l’uso della chimica in agricoltura, con minimo il 20 per cento in meno di fertilizzanti – chiarisce Martin, che conduce con i familiari a Isola della Scala un’azienda di riso biologico e di cereali in rotazione -. Al centro del Green deal c’è la strategia “Farm to work”, cioè dal produttore al consumatore, che mira a costruire una filiera basata su alimenti più sani e sostenibili, che garantiscano la sicurezza dell’approvvigionamento, con nuovi modelli di business verde come le tecniche incentrate sul sequestro di carbonio nei suoli agricoli, l’energia rinnovabile e i metodi di difesa integrata. Possiamo e dobbiamo migliorare i nostri metodi di coltivazione. Anche il lockdown ha consolidato la tendenza a comprare prodotti bio di qualità, con la spinta della grande distribuzione che ha aumentato le vendite di settore dell’11%”.
La sezione di agricoltura biologica di Confagricoltura Verona sarà tra i protagonisti di B/Open, la prima rassegna di Veronafiere dedicata al biologico che si svolgerà il 9 e 10 novembre a Verona. “Martedì 9, nella sala rossa della Fiera, promuoveremo il convegno “L’agricoltura biologica: un’opportunità per i giovani, una risorsa per l’ambiente” con la ricercatrice e docente di microbiologia agraria Claudia Sorlini, già preside della facoltà di Agraria all’Università di Milano e coordinatrice di progetti e ricerche a livello nazionale ed europeo sull’agricoltura sostenibile e le biotecnologie. Una voce autorevole che potrà illustrarci le sue conoscenze in materia, importanti soprattutto per i tanti giovani veronesi che stanno coltivando oggi più che mai una cultura e una sensibilità sui temi biologici che ci fa ben sperare per il futuro”.