Milano – Mentre si chiude un anno complicato e se ne apre uno nuovo ancora carico di sfide, tiriamo le file del bio tra supermercati e specializzati. I dati elaborati sono quelli raccolti da Bio Bank dal 1993 in poi (quasi trent’anni di campione) per i negozi bio e dal 2001 per la grande distribuzione, fino al 2020. Negli ultimi due anni, segnati dalla pandemia, il biologico continua a crescere anche in Italia raggiungendo i 4,6 miliardi di euro, perché cresce la percezione di quanto siano correlate la salute personale e quella planetaria. Una crescita con dinamiche di canale ben differenti, come evidenzia il Focus Bio Bank – Supermercati & Specializzati 2021. In tutto 104 pagine ancora più ricche di dati e infografiche, con nuove statistiche su fatturato e marche bio della Gdo, da consultare liberamente su issuu.com/biobank.
In un mercato più che raddoppiato negli ultimi dieci anni, le vendite bio nei supermercati sono quasi quadruplicate arrivando a 2,2 miliardi di euro, mentre nel canale storico ruotano intorno a un miliardo di euro, come nel 2012. In dieci anni l’incidenza dei due canali sul totale delle vendite al dettaglio si è quindi capovolta: i supermercati sono saliti dal 31 al 56%, i negozi sono scesi dal 53 al 26%, in linea con quanto accade in Francia e Germania. In continua crescita anche i prodotti bio a marchio della grande distribuzione, passati dai 644 del 2001 ai 5.851 del 2020, un’offerta che si è quindi moltiplicata per nove in vent’anni. Nel 2020 si somma il balzo aggiuntivo per l’entrata nel rilevamento di Dm, catena di drugstore con un forte accento sul bio, che porta in Italia il modello tedesco, specializzato su bellezza e pulizia, ma integrato con l’alimentazione. Coop si conferma al primo posto con 950 referenze, al secondo entra Dm con 605, al terzo Esselunga con 485.
L’ortofrutta rappresenta il 22% di tutte le referenze bio nelle marche della Gdo. Considerando che per ogni prodotto bio a marchio della Gdo (Mdd) ne entrano quasi tre con le marche dell’industria (Idm), si stima un totale di 22mila referenze bio, variamente distribuite in circa 24mila punti vendita, solo nelle 27 catene censite. Nel 2020 restano 8 le catene della Gdo con prodotti equosolidali nelle proprie marche, con un assortimento di 100 referenze. Salgono invece a 13 le catene con cosmesi naturale o bio certificata per un totale di 766 referenze. La scelta di investire su una propria marca certificata di cosmesi è la naturale evoluzione dell’offerta a marchio di alimenti biologici. Scende ancora il numero di negozi bio, arrivati a quota 1.291 nel 2020, in calo da tre anni consecutivi (-10% in totale).
I negozi legati alle catene specializzate sono il 41% del totale, in calo per il secondo anno consecutivo, con una flessione totale del 16,6% dovuta a due fattori. Da un lato la riduzione del numero di catene operanti in Italia con il passaggio di Biobottega e Piacere Terra sotto l’insegna NaturaSì nel 2019, poi la chiusura dei 16 negozi Bio c’ Bon nel 2020. Dall’altro il progressivo passaggio d’insegna tra Cuorebio e NaturaSì con la conseguente razionalizzazione della rete di negozi sul territorio. Sono invece il 32% del totale i negozi indipendenti aderenti ai programmi promozionali. Le aggregazioni (catene o programmi) incidono quindi per il 73%. Il biologico è strategico per la grande distribuzione perché traina le vendite e resta strategico anche nei prossimi anni. Ma se al supermercato il bio si acquista soprattutto per comodità e convenienza, nello specializzato il motore deve essere l’appartenenza, a prezzi accessibili.
Non bastano negozi più grandi e invitanti, assortimenti ampi e profondi con migliaia di referenze se mancano l’attenzione massima ai prezzi, la personalizzazione dell’offerta con prodotti locali e regionali, la conoscenza dei prodotti e dei produttori, l’accoglienza e la preparazione del personale. Al canale storico del biologico l’onore e l’onere del ruolo guida nel mondo del bio, coinvolgendo i clienti come parte di una comunità, azionisti di un mondo migliore.