Roma (Omar Abu Eideh de Il Fatto Quotidiano) – Con inappuntabile tempismo, mentre il mondo politico europeo si interroga sul bando ai motori termici del 2035, i principali costruttori dell’automotive svelano nuove soluzioni tecniche per renderli ecosostenibili. Ci crede molto Toyota che, dopo aver presentato un 3 cilindri turbo di 1,5 litri di cilindrata alimentato a idrogeno – con cui sta correndo nelle gare di una serie giapponese –, ora toglie i veli ad un taurino V8 di 5 litri e 450 Cv, sempre alimentato a idrogeno (quindi a zero emissioni di CO2 allo scarico), sviluppato nell’arco di 5 anni da Yamaha per conto del colosso nipponico dell’auto. Rispetto al V8 di partenza (pressoché di medesima potenza), alimentato a benzina, il propulsore è stato modificato per quanto concerne iniettori, testate, collettore di aspirazione e altri componenti.
“Ho iniziato a notare che i motori alimentati esclusivamente a idrogeno sono molto divertenti e facili”, spiega in una nota ufficiale Takeshi Yamada del reparto sviluppo automotive del Technical Research & Development Center Yamaha: “Per la loro natura, i motori a idrogeno ispirano simpatia e sono facili da utilizzare, anche senza ricorso ai sistemi elettronici di assistenza alla guida. Tutti coloro che facevano il test drive con il prototipo erano piuttosto perplessi alla partenza, ma alla fine scendevano dall’auto con un grande sorriso stampato sulla faccia. Guardando le reazioni, ho iniziato a credere che nei motori a idrogeno si nascondessero effettivamente enormi potenzialità. Non erano semplicemente un rimpiazzo alla benzina”.
Lo sviluppo di motori termici a idrogeno, peraltro, coinvolge cinque aziende giapponesi: Kawasaki, Subaru, Toyota, Mazda, Yamaha. “I propulsori a idrogeno hanno tutte le potenzialità per essere carbon neutral, e onorano al contempo la nostra passione per il motore a combustione interna”, sostiene Yoshihiro Hidaka, presidente di Yamaha Motor: “Collaborare con aziende con culture e competenze diverse e incrementare il numero dei nostri partner è il modo in cui intendiamo essere presenti nel mondo di domani”.
In casa Mazda, invece, si spinge sui biocarburanti, che saranno testati nelle competizioni: la casa di Hiroshima, infatti, utilizzerà un’auto alimentata a biodiesel integralmente di origine biologica, ricavato da oli da cucina e grassi. E, nel corso della stagione, scenderà in pista pure una MX-5 con propulsore a benzina, che dovrebbe essere alimentata da carburante sostenibile.
Credono al diesel pulito anche i tedeschi di gruppo Volkswagen: da metà febbraio i V6 a gasolio dell’Audi potranno funzionare adoperando HVO, un carburante derivato da olio vegetale idrotrattato, che consente una riduzione fino al 95% delle emissioni di CO2 rispetto al gasolio da fonti fossili, nonché un rendimento termico ottimizzato (perché il numero di cetano dell’HVO è superiore di circa il 30% rispetto allo standard). L’HVO viene ricavato da materiali di scarto, come l’olio di cottura da industria alimentare o residui agricoli, che vengono fatti reagire con idrogeno per creare degli idrocarburi; gli stessi possono essere addizionati al diesel da fossili o rimpiazzarlo completamente.
“Audi contribuirà in modo essenziale allo sviluppo di una mobilità a zero emissioni” spiega in una nota ufficiale Oliver Hoffmann, membro del board per lo sviluppo tecnico: “Al contempo stiamo sviluppando l’attuale portfolio di motori a combustione in funzione di una superiore efficienza e minori emissioni. Una delle possibili soluzioni tecniche consiste nella compatibilità con l’utilizzo di carburanti sostenibili come l’Hvo”, che sono “combustibili rinnovabili” ritenuti “un efficace mezzo di defossilizzazione, sia a breve sia a lungo termine”.